Socorro, crociera alle Revillagigedos
Socorro è Socorro. Non parliamo né delle super menzionate Galapagos né di una qualsiasi altra isola sperduta del Pacifico. I poco attenti confondono tra loro questi lembi di terra emersa. In effetti questa ha somiglianze con altre ma come tutte le terre emerse ha poi infine una propria identità.
Quest’isola fa parte di un arcipelago, Revillagigedos, e le altre tre isole che lo compongono sono San Benedicto, Roca Partida, Clarion.
Si cita sempre Socorro perché è la maggiore, la più estesa, quella che si identifica già da miglia di distanza per l’Evermann, vulcano che raggiunge 1130 metri e che ha eruttato l’ultima volta nel 1996.
L’arcipelago in sé è un minuscolo puntino sulle mappe dell’oceano Pacifico, sperduto, 250 miglia dalla costa messicana più vicina (Cabo San Lucas), individuato nell’anno 1533 da Fernando de Grijalva che non individuandolo sulle proprie mappe le battezzò Santo Tomàs. Rocce nere, vulcaniche, coste accidentate, prive di qualsiasi attracco, vento, onde, fiordi.
Questo è quanto visto dalla superficie dell’acqua. Dalla metà degli anni ’50 i messicani hanno lì insediato una base militare, un avamposto della Marina, ed è necessario un permesso anche per navigare entro le acque territoriali, con la conseguenza che flora e fauna terrestre e marina ne hanno giovato. Nel 1994 è stata dichiarata dal Governo “Area Natural Protegida” e nel 2016 l’Unesco le ha dichiarate Patrimonio Naturale.
Ora, se alla protezione “militare” iniziale prima, poi alla dichiarazione di area protetta, si aggiunge una caratteristica naturale di questa parte di Pacifico, si ottiene un cocktail che non si può gustare se non lo si assaggia in prima persona.
L’ingrediente principale è l’orografia del fondale e le forti correnti che ne conseguono. Per semplificare si può dire che in questo punto del fondale oceanico, abbastanza profondo, si eleva una catena montuosa che arriva fino alla superficie (Socorro, Poca Partida, San Benedicto), ostacolo su cui si infrange la forte corrente che proviene da sud e che, con la sua posizione semicircolare, ne produce altre, spesso minori ma di forte intensità.
Tutto questo è ciò che attrae e si trascina dietro quantità incredibili di vagabondi del mare, i grandi cacciatori, quelle specie che hanno bisogno dei grandi spazi o che hanno la necessità di cibarsi in grande quantità. Così malgrado l’inconsistenza del panorama terrestre, arido, brullo, e frequentato solo da uccelli marini e qualche militare, il mare, meglio l’oceano, offre quel raro spettacolo che ad ogni stagione si ripete costantemente anno dopo anno. E si spera per lungo tempo viste le condizioni di inquinamento delle acque marine.
I fondali di queste isole, distanziate tra loro da molte miglia, producono per così dire il mangime necessario per la vita di molte specie di grande stazza. Su questi fondali non ci sono enormi assembramenti di piccoli e colorati pesciolini, piuttosto famiglie di mante, squali, carangidi sempre in movimento a inseguire, catturare, afferrare qualcosa di cui cibarsi.
Questo è lo spettacolo, che funziona ad intermittenza, a seconda di come tira la corrente o a seconda di dove noi ci si immerge. Può essere che si sia avvolti da un nebbia con visibilità zero, trascinati e sbattuti sulle rocce, oppure che si possa nuotare in acque cristallo, mentre si fissa negli occhi una manta di due metri di apertura alare immobile davanti alla maschera. Di solito, vista l’esperienza delle guide, si propende per la seconda opzione ma, come si sa, il comportamento del mare è imprevedibile. Come si è capito, questi fondali, un po’ crudi e dove non cresce il corallo, se non il più resistente ai movimenti dell’acqua, sono una sorta di disneyland dove si possono incontrare i migliori esemplari della specie sia per grandezza (le mante superano i tre metri di apertura) che per numero. Spazio liquido e punto di ritrovo stagionale anche delle megattere che scendono dall’Alaska per incontrarsi e generare i piccoli.
La stagionalità ha un suo effetto preciso. Tra novembre e dicembre è il periodo migliore per l’osservazione delle grandi mante che volentieri, e, non si capisce perché, si lasciano avvicinare dai subacquei. Pare interagiscano, non hanno paura, si possono osservare davvero da molto vicino. La temperatura dell’acqua arriva a 25/26° C. La visibilità è eccellente, gli squali balena si avvicinano alla costa, gruppi di delfini stanziali nuotano tra i sub e interagiscono anche loro forse copiando l’atteggiamento delle mante. Da gennaio a tutto aprile la temperatura dell’acqua cala di qualche grado ma non cambia lo spettacolo tranne che nella parte finale di questo periodo, quando arrivano le megattere che si accoppiano.
Da maggio a luglio è la stagione degli squali, dai seta ai martelli, che si vengono a cibare degli ammassi di piccoli pesci che frequentano l’area, i così detti bait ball. Dietro loro gli altri cacciatori d’alto mare.
L’esperienza unica delle Revillagigedos si può vivere a bordo di una dei tre motor yachts della “Nautilus Explorer” (My Belle Amie, My Nautilus Explorer e My Nautilus Under Sea), super yachts confortevoli e ben attrezzati per una navigazione oceanica che dispongono di 8 cabine di diverso standard (Premium, Superior Suite e Staterooms). Il programma prevede l’ imbarco a Cabo San Lucas quindi partenza per San Benedicto, proseguimento per Socorro e sosta a Roca Partida: in ciascuna di queste isole sono previste immersioni nei migliori siti, che possono cambiare in base al tempo atmosferico ma che garantiscono grandi spettacoli.